professionalità
nell’esercizio della attività finanziaria
CNN
19.03.2002, Studio n. 3532, Est. Alessandra Paolini
La professionalità, propria di qualsiasi attività imprenditoriale, ai sensi
dell’art. 2082, c.c., è un requisito che non pone particolari problemi, ai fini
della redazione della clausola statutaria sull’oggetto sociale.
Trattasi, infatti, di un criterio la cui sussistenza effettiva non può
essere valutata in sede di costituzione, e che neppure richiede espressa
menzione nello statuto sociale.
Potrà aversi riguardo solo alle intenzioni dei soci fondatori: ma il
fatto stesso di dedurre un’attività nell’oggetto sociale "principale"
di una società commerciale lascia presumere il suo svolgimento in maniera
professionale.
Quindi, se l’oggetto sociale contempla lo svolgimento di attività
finanziarie nei confronti dei terzi, la costituenda società sarà
automaticamente soggetta all’art. 106, D.Lgs. 01.09.1993, n. 385.
Alle società che intendono svolgere attività finanziarie, ma non in
via esclusiva, è comunque precluso l’esercizio nei confronti del pubblico. In
questo caso, dunque, non si pone il problema di valutare la sussistenza del
requisito della professionalità; esso, invece, si configura come uno degli
elementi che individuano i limiti esterni dell’attività.
La nozione assume rilevanza nel corso dello svolgimento dell’attività,
a fini repressivi di comportamenti assunti in violazione delle norme in esame.
Si pensi al caso di una società, non finanziaria, il cui statuto preveda lo
svolgimento di operazioni finanziarie a fini "strumentali al conseguimento
dell’oggetto sociale": se, in realtà, in base ad indici oggettivi (quali,
ad esempio, l’abitualità delle operazioni, i mezzi organizzativi predisposti,
l’incidenza sul fatturato, la pubblicità, etc.), è possibile desumere
l’esercizio di "attività finanziaria nei confronti del pubblico"
(perché svolta appunto professionalmente verso i terzi), si configura il reato di
esercizio abusivo di attività finanziaria (art. 132, D.Lgs. 01.09.1993, n.
385).